Rai e politica,
VILLARI E VILLANI: al peggio non c´è mai fine
- FICTION, TRABOCCHETTI E SEXY-GIRL. COSÌ LA PARTITOCRAZIA ASSEDIA LA TV DI STATO
– L’AGOGNATISSIMA CABINA DA CUI METTERE IN SCENA GIORNO E NOTTE LO SPETTACOLO DEL POTERE…
Filippo Ceccarelli
Riccardo Villari
Rai e politica: al peggio non c´è mai fine, evidentemente.
Ragion per cui, nel giorno turbinoso degli inganni, varrà la pena di esplorare l´ipotesi secondo cui, più che con la politica o con i partiti, l´azienda di viale Mazzini abbia a che fare con il potere nella sua più cruda, indicibile e selvatica accezione.
E quindi:
oltre a essere da sempre il luogo della massima visibilità possibile, che al giorno d´oggi equivale al massimo della legittimazione,
la Rai è considerata dai potenti, che però si guardano bene dal dirlo, come un autentico bottino di guerra.
Chi vince se la prende, in un modo o nell´altro (che poi è sempre quello messo oggi in atto dal centrodestra).
E questo perché la preda, lo spoglio, la razzia, valgono qualsiasi accusa essendo anche la Rai, nella smaniosa e approssimativa concezione dei vincitori di turno,
il grimaldello della videocrazia, il piede di porco del tele-populismo, l´agognatissima cabina da cui mettere in scena giorno e notte lo spettacolo del potere.
Il che poi di solito non sembra neanche tanto vero, né facile. Ma è per quelle mura, intanto, e fra viale Mazzini, Saxa Rubra, via del Babuino e via Teulada che i politici si fanno la guerra, e i dirigenti pure, e i funzionari a cascata, e agguati, trabocchetti, maldicenze, minacce, delazioni, spesso anonime, e mille altre poco graziose cosucce che con i programmi destinati ai telespettatori - alcuni anche eccellenti, nonostante tutto - non c´entrano purtroppo più nulla.
Sandro Bondi
Proprio l´altro giorno
il ministro della Cultura Bondi, che è molto ottimista e ha un´anima veramente delicata,
ha colto l´occasione per attaccare una trasmissione (Glob di Bertolino), ma visto che c´era ha anche emesso una specie di proclama sulla
necessità di «recuperare» un´«etica» e una «morale» da parte della Rai.
Azienda cui spetterebbe il compito di provvedere, secondo l´ex coordinatore di Forza Italia, all´«elevazione civica e spirituale dell´intera comunità nazionale». Vasto programma.
Ebbene, meno di quattro mesi orsono proprio
uno dei predecessori di Bondi, il professor Giuliano Urbani, fondatore di Forza Italia e irrequieto consigliere d´amministrazione,
aveva definito l´ambiente della
Rai: «Troppo simile a una cloaca».
La designazione, che nella sua apocalittica energia riecheggia Lutero, traeva spunto da quel rimarchevole documento di antropologia radiotelevisiva che sono le intercettazioni, il terzo o quarto ciclo, ormai.
Urbani vi compariva perché tra l´altro andava a perorare, calorosamente, le ragioni di
una fiction prodotta dalla sua compagna e dedicata a:
«La meravigliosa storia di Suor Bakhita», così s´intitolava la fiction sulla ex schiava africana, menzionata nell´ultima enciclica e di recente fatta anche santa.
Ecco, pur con tutto il rispetto per i santi, i professori-consiglieri, le loro compagne
e i pressatissimi dirigenti che devono trovare i soldi per l´uno o per l´altro sceneggiato o far lavorare questo o quella,
ecco, è proprio nell´enorme contrasto fra le buone e sdolcinate intenzioni e i maneggi praticoni a uso personale o al massimo tribale che si intravede il frutto marcio del potere nella Rai negli anni duemila.
Per cui una delle promuovende attricette dell´ultimissimo ciclo finisce a fare Padre Pio,
e l´onorevole Serafini si commuove alla prima di Papa Wojtyla,
e Bossi se ne va gloriosamente sul set del Barbarossa,
Gasparri è diventato ormai una specie di occhiutissimo critico televisivo,
Dell´Utri interviene addirittura sui volti dei conduttori e quando Prodi, a una festa dell´Unità, comincia a parlare della Rai, il microfono si rompe, e la platea ride, anzi sghignazza dandosi di gomito, anche quello infatti è un segno dei tempi, demoniaco s´intende.
Giuliano Urbani
Perché lottizzazioni, manipolazioni, omissioni, promozioni sospette, censure, favoritismi, marchette, casting e trucchi malandrini nei talk-show,
interviste in ginocchio la domenica pomeriggio, dirette negate o concesse al tale o al talaltro evento, spazi imposti a reti unificate: tutto questo si è sempre fatto, alla Rai,
in barba a qualsiasi Commissione di Vigilanza.
Ma oggi è peggio.
E il peggio, nel pieno spappolamento delle culture politiche, si coglie non solo in una strategia che continua a favorire la tv commerciale, o in un presidente imprenditore televisivo infastidito da disfattismo e dileggio,
ma anche nei comportamenti spicci e minuti di quasi tutti gli altri protagonisti del potere post-politico che ha preso in ostaggio l´azienda:
i presidenti e i direttori generali che subito si fanno la fidanzata;
lo scambio ormai istituzionale fra sesso e visibilità di creature depositate entro programmi-contenitori dai nomi simbolici,
«Il Malloppo», per dire, o «La Grande Notte»; gli appalti esterni dai contorni sempre più vaghi; il culto supremo degli inserzionisti, la febbre dell´audience, la confusione mentale fra voti e contatti, popolarità, costruzione del senso e del consenso.
E qui s´innesta l´ultima simpatica novità che nell´artificio narrativo per immagini vorrebbe governare le emozioni tirando acqua al proprio mulino fatiscente.
E allora chi vuole la fiction sul Carroccio e chi su Di Vittorio,
e beati, futuristi, socialisti, Edda Ciano, Mussolini, però anche Nenni, le foibe, la mafia, l´antimafia, i gay, la famiglia.
L´importante è che tutti se ne stiano davanti alle radiazioni gamma della tv:
a guardarla, ad annoiarsi, a fare il tifo, magari pure a dormire.
Filippo Ceccarelli [14-11-2008]